CULTURA E TEMPO LIBERO

AREA FILM | ARCHIVIO

Boyhood
Richard Linklater (Universal Pictures)


http://static.guim.co.uk/sys-images/Guardian/Pix/pictures/2014/7/2/1404306279420/boyhood-family-001.jpgÈ proiettato nei cinema in questo periodo un film molto singolare, che va segnalato: si tratta di "Boyhood" del regista Richard Linklater. Il titolo non ha in italiano una parola corrispondente: allude comunque a quel periodo di vita che va dalla fanciullezza alla prima giovinezza, attraverso l'adolescenza. E questo infatti racconta il film: quegli anni di transizione di Mason, narrati dal suo punto di vista.

Il film ha qualcosa di speciale e insolito. È stato girato dal protagonista, Mason appunto, e dal gruppo di attori che rapppresentano la sua famiglia, nell'arco di 12 anni, quelli della storia. Mason lo vediamo quindi cambiare, e con lui sua sorella, la madre e gli altri, con le trasformazioni che il tempo reale ha impresso su ciascuno di loro. Ma non è solo questo che rende il film molto bello. Nei dodici anni che scorrono sotto gli occhi dello spettatore succedono tante cose. I genitori si separano, la madre si risposa con un altro uomo che risulterà gravemente inadeguato, e infine ha un terzo compagno. Vengono cambiate residenze ed anche città, e quindi vi sono rotture di abitudini e relazioni. I figli subiscono, loro malgrado, le vicissitudini che la madre, pur affettuosa e impegnata a mantenerli, impone loro.

Una storia non delle più terribili, ma che non offre ai ragazzi quella sicurezza di cui avrebbero bisogno. E con tali circostanze bisogna convivere, cercando di superare comunque le difficoltà che i passaggi di età impongono, la transizione accidentata dall'essere bambini ad essere giovani adulti. Il film potrebbe chiamarsi "la fatica di crescere". E questo è ciò a cui lo spettatore è invitato a partecipare: la fatica che Mason compie, in circostanze non facili, ad attraversare i riti di passaggio della sua età, le amicizie, la scoperta dell'amore e del sesso, la scelta degli studi e della professione, utilizzando non relazioni rassicuranti, ma brandelli di presenze bene intenzionate, ma cosi fragili loro stesse (madre, padre, compagni successivi della madre) da non garantirgli una guida sicura e un appoggio attendibile.

Il film ci accompagna, attraverso la storia di Mason e dei suoi, a renderci conto, e in certi momenti anche soffrire, della solitudine in cui molti giovani crescono, affidati ad adulti davvero poco capaci di offrire loro una solida sponda. E tuttavia Mason ce la fa e si costruisce una sua filosofia di vita, realistica e positiva, riuscendo a non cadere nelle molte derive autolesive in cui avrebbe potuto finire. Il film suggerisce dunque che i giovani hanno risorse per sopperire, a volte, alle terribili carenze ambientali. Bravi tutti, gli interpreti. Ci si affeziona particolarmente a Mason, bellissimo bambino e poi, a poco a poco, giovane uomo, capace di comunicarci le sue incertezze e le sue sfide. Il film ha un montaggio veloce ed incalzante, perché deve riuscire a ricapitolare per passaggi significativi, un tempo lungo, con il risultato di non annoiare, pur nelle quasi tre ore di durata.