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The Ballad of Darren
Blur


Un gruppo con alle spalle una presenza sulla scena musicale di più di una trentina d'anni potrebbe vivere riproponendo il vecchio repertorio o adagiarsi sulla ripetizione degli stilemi originali per soddisfare gli storici fans. Di rado riesce a rielaborare la propria storia e portarla a maturazione immettendo linfa vitale e creativa ancora pulsante. I Blur ci sono riusciti dopo un lungo periodo di silenzio in cui ogni componente si è dedicato a progetti singoli o con altre formazioni. Hanno confezionato un disco di belle canzoni, che regge agli ascolti ripetuti, segno inequivocabile che l'urgenza creativa che li ha spinti a rimettersi in studio non è mera ripetizione conservativa o monetizzazione di un passato musicale oramai in esaurimento. Le venature malinconiche e le riflessioni sul tempo che passa diventano prevalenti, la consapevolezza dei propri errori e dello svanire del mondo che ti circonda (come canta Albarn "condomini che crollano, ma se metti su le cuffie non li sentirai più di tanto") danno a queste nuove canzoni una bellezza amara cesellata con raffinatezza. Non mancano le ironie e le svisate rock, il rumore finale con cui si conclude l'ultimo pezzo dell'album con grande efficacia, ma è la voce malinconica di Alborn a dare il tono dell'album e le vibrazioni più profonde. Le stesse che troviamo nella copertina del disco: una foto bellissima di Raimond Parr in cui le campiture azzurre e bianche della piscina contrastano con le nuvole incombenti sulle montagne nello sfondo, E un uomo che nuota: il dentista Ian Galt che sta portarndo avanti il suo processo di riabilitazione da un incidente subito. .