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Magic

Bruce Springsteen | SonyBmg

Elgin Avenue Breakdown

E' un Bruce Springsteen che rincorre se stesso (E Street Band compresa) rivolgendosi al passato prossimo e remoto (con il rhyhtm and blues di Livin' In The Future, paradossale già nel titolo), senza il coraggio di The Rising. Non a caso il nucleo centrale di Magic, Gypsy Biker, Girls In The Summer Clothes e I'll Work For Your Love sembra un'apoteosi della nostalgia che ha il suo culmine (peraltro splendido) proprio in Girls In The Summer Clothes incrocio di un sogno wild & innocent con l'aria californiana dei Beach Boys e del sempre amatissimo Roy Orbison. Attorno a questo nocciolo romantico c'è una pelle fredda e dura: Radio Nowhere e Devil's Arcade riflettono la stessa tensione che si può percepire nella Strada di Cormac McCarthy: un'angoscia inquietante, ma molto lucida nel filtrare una realtà amarissima. In questo Bruce Springsteen continua a mantenere una sua onestà e diventa inutile ripetersi che dal vivo sarà un'altra storia, va da sé che in Magic sembra andare tutto un po' troppo di corsa. A differenza di The Rising che era un'invocazione alla resistenza umana o di Devils & Dust che era una livida descrizione dei passaggi e dei paesaggi americani di oggi e di ieri, l'unica vera magia, qui, è la nostalgia che è sempre un'arma pericolosa e a doppio taglio. Un po' come un contratto da cento milioni di dollari: concede moltissimo, all'inizio, ma poi si prende tutto e come ultima emozione lascia solo un filo di malinconia.

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