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Ry Cooder

I, Flathead | Nonesuch

Elgin Avenue Breakdown

Se il ritmo è l'espressione più istintiva e naturale di una cultura e I, Flathead, sfoggia un cosmopolitismo (grazie anche alla maestria di Jim Keltner, particolarmente ispirato). Drive Like I Never Been Hurt, straordinaria, si apre già con la logica di tutto I, Flathead: una ricerca sottile e profonda nel ritmo e nelle percussioni, poi una bellissima melodia accompagnata dai fiati mariachi, da un filo di archi in sottofondo, con la chitarra di Ry Cooder che s’insinua nei pertugi rimasti. I, Flathead sembra diviso in due metà che si specchiano una dentro l’altra anche se la prima tende alla più California e la seconda più al Messico. A dividere e/o unire le due parti complementari e intrecciate di I, Flathead sono due rock’n’roll straordinari, Ridin' With The Blues e Pink-O Boogie, e si capisce che Ry Cooder ha scherzato con il fuoco degli Stones e ne è rimasto segnato. Visto che I, Flathead conclude senza esitazioni un bellissimo ciclo, vale la pena di aggiungere che per come è stata costruita, immaginata e realizzata la trilogia californiana di Ry Cooder non ha niente da invidiare alla Border trilogy di Cormac McCarthy, con cui, va da sé, c’è più di una connessione e a tutti quelli che, guardando le elezioni in corso, parlano a sproposito di un’America che non c’è più o non c’è mai stata, vale la pena ricordare che c’è e ci sarà sempre un’America che si può amare incondizionatamente ed è questa.

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