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I diari di Rubha Hunish

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Davide Sapienza | Baldini Castoldi Dalai
È già tutto nel titolo perché, a prima vista, I diari di Rubha Hunish sembrerebbero far riferimento ad un personaggio esotico, uno dei volti saggi e misteriosi che popolano i romanzi di Rudyard Kipling. Invece, leggendo questi personalissimi Brevi saggi sull'interruzione del pensiero in viaggio di Davide Sapienza si arriva a capire che Rubha Hunish è un luogo, uno spazio, forse anche un momento. Eppure, visto che l'avventura è circolare, l'arrivo è la partenza, e viceversa, in Rubha Hunish coincidono il viaggio e il viaggiatore, le esplorazioni e l'esploratore, lo scrittore e il lettore. Non sono coincidenze relative perché l'esplorazione e l'introspezione nei Diari di Rubha Hunish tendono a sovrapporsi, i paesaggi diventano passaggi, gli appunti si fanno storia e la storia viene sbriciolata in tanti frammenti che condividono e costituiscono la forma del romanzo ma che emergono dalla poesia, dalla fotografia, dall'osservazione del quotidiano e dallo spirito dell'avventura e sono tenute insieme, oltre che da una scrittura florida, anche da una mai sopita passione per la musica. Dalle primissime righe fino all'esortazione finale, la musica è l'acqua primordiale in cui galleggiano I diari di Rubha Hunish e serve anche da collante quando, come scrive Davide Sapienza nel finale, è difficile districarsi nelle emozioni perché "trasformare ciò che vedo in racconto è ancora una questione di parole che mancano all'appello". Ma il viaggio è all'inizio, altri pensieri e altri orizzonti si prestano e le parole non mancheranno.

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