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You Should Be Dancing

Peter Shapiro | Kowalski

New York, primi anni Settanta: la città è ad passo dalla bancarotta, le istituzioni brancolano nel buio e nella propria autoreferenzialità, interi quartieri sono off limits, le strade sono una jungleland senza speranza. Però, come sempre succede quando qualcosa marcisce, nelle pieghe torbide della città qualcosa stava fermentando o, come meglio scrive Peter Shapiro nell'introduzione di questa "biografia politica della discomusic" "mentre la carcassa delle infrastrutture cittadine si decomponeva, gli artisti e i musicisti di New York diedero il via a una fioritura di attività creative allo scopo di riappropriarsi della città". Da una parte, intorno al Lower East Side, si rintanarono in buchi malconci e dai nomi altisonanti come Mercer Street Art Center o Max's Kansas City o, l'epicentro di tutto, al CBGB's. In un'altra direzione, nelle feste all'aperto nel Bronx, cominciava a circolare una sintesi musicale, radicata nel rhythm and blues e nel soul, dal nome discomusic. Le sue origini hanno radici profonde nella cultura afroamericana e visto come "negli ultimi vent'anni, o giù di lì, l'America sia diventata molto più stratificata" (l'annotazione è di Daniel Wang e spicca nell'epilogo), diventa ben presto logico e naturale che attorno, dentro e parallelamente alla storia della discomusic scorra una sorta di rivisitazione storica e culturale dell'humus in cui è fermentata e si sintetizzata.

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