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Motor City

Bill Morris | Einaudi

Sullo sfondo degli anni Cinquanta si intrecciano le relazioni di un gruppo di disegnatori, del capo divisione, del suo addetto stampa nonché altri dirigenti della General Motors, tutti impegnati a tamponare una fuga di progetti delle nuove automobili.
Lo spionaggio industriale è solo un mezzo per indagare nella vita di una nazione che scopre di essere la principale potenza industriale del mondo, con tutto quello che ciò comporta. In questo senso, il romanzo di Bill Morris vale più di un centinaio di trattati sociologici perché riesce a focalizzare nella produzione delle automobili (la Motor City del titolo è, ovviamente, Detroit) e nella gestione del mercato l'elemento caratterizzante della cultura americana del periodo a cui fanno di contorno la televisione, la radio, il jazz, il rock'n'roll, Hollywood e le gesta di Ike e della moglie.
Tra le righe: esilaranti, davvero, i ritratti di Marylin Monroe e Vladimir Nabokov, appassionate le descrizioni degli show di Ornette Coleman e Miles Davis, un po' storpiata la figura di Elvis che, come tutti i fantasmi che si rispettino, riesce sempre male nelle fotografie.

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