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Low. David Bowie

Hugo Wilcken | No Reply

Hugo Wilcken, Low. David Bowie

Il solito David Byrne (e prima ancora di lui Frank Zappa) diceva che scrivere di musica è come ballare di architettura. La battuta, per quanto caustica, ha un suo senso, ma la verità è che scrivere è scrivere e scrivere è in gran parte, in un modo o nell'altro, raccontare. Per cui si può narrare bene o male, scrivere bene o male, ci si può persino perdere in un disco in gran parte oscuro come Low o un personaggio distante da queste pagine come David Bowie eppure tirare fuori un libro che è nello stesso tempo piccolo (per le dimensioni) e grande (per come si legge). Sintetico e puntuale nello stesso tempo: Hugo Wilcken racconta la complessità della gestazione di Low, il primo capitolo della famosa trilogia berlinese di David Bowie che influenzerà una bella fetta della musica occidentale, riassumendo così (e valga come prova di lettura) l'identikit del protagonista: "È il narratore inaffidabile, un eterno tentativo di mantenimento degli equilibri tra sincerità e ironia, anche nel bel mezzo di una crisi personale. La sua angoscia esistenziale è allo stesso tempo genuina e una posa alla moda. In fin dei conti, Bowie a Berlino con gli studi vicino al muro le bravate con il complice Iggy Pop, la pittura impressionista, la vita alla Isherwood fatta di decadenza e dilettantismo, tutto resta probabilmente il suo mito più durevole". Non manca niente e che piaccia o meno David Bowie è proprio così che si può (anche) scrivere di musica.

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