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Zeropoli. Las Vegas, città del nulla

Bruce Begout | Bollati Boringhieri

Si può cominciare a scoprire una città attraverso le sue letture, perché Zeropoli è (anche) una piccola mappa di suggestioni letterarie.
Michael Herr, Hunter S. Thompson, Jonathan Raban, Joan Didion, Timothy Leary, Marc Cooper, Tom Wolfe e Italo Calvino (appropriato perché Las Vegas ha i contorni di una delle sue Città Invisibili) sono gli scrittori citati da Bruce Bégout per definire alcuni punti di riferimento di un diario di viaggio particolarissimo.
Las Vegas, infatti, è una "sorta di laboratorio vivente del gioco e dell'entertainment" e Bruce Bégout non si lascia ingannare dai miraggi, dalle luci, dai neon (che, tra l'altro, descrive con arguzia) e va oltre per scoprire che "per la prima volta l'esagerazione si rivela come mancanza, e la capitale dell'eccesso lascia emergere istanti di vuoto assoluto: povertà culturale, sociale, estetica. Nella sua emorragia di luci e spettacoli di ogni genere, ci lascia intuire di colpo una verità crudele, eppure necessaria se vogliamo continuare a vivere: è tutto soltanto un'immensa e ridicola farsa". Las Vegas diventa il luogo per eccellenza della modernità, dove tutto, a partire da Elvis, è mito e falso nello stesso tempo ed è chiaro, allora, perché in un certo senso, scrive Bruce Bégout, "siamo tutti abitanti di Las Vegas"

 

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