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Ladri di biciclette

Vittorio De Sica

Ladri di biciclette è stato una svolta fondamentale nella storia del cinema. Concentrandosi su una storia cruda ed essenziale (soggetto e sceneggiatura furono di Cesare Zavattini), Vittorio De Sica non ha soltanto ricostruito il clima poverissimo, conflittuale e al tempo stesso in qualche modo pionieristico dell'Italia del 1948, ma ha anche indicato una strada ben precisa per valorizzare il cinema e l'arte in generale: "La mia idea fissa è di sdrammatizzare il cinema. Vorrei insegnare agli uomini a vedere la vita quotidiana, gli avvenimenti di tutti i giorni con la stessa passione che provano a leggere un libro". Il termine neorealismo che venne rapidamente coniato attorno a Ladri di biciclette è, come ogni definizione sintetica, superato dall'essenza stessa del capolavoro di Vittorio De Sica: l'umanissima odissea del protagonista (e del figlio al seguito) alla ricerca del suo unico mezzo di sostentamento (quella bicicletta che gli è stata rubata) in una Roma caotica e indaffaratissima a trovare un modo per sopravvivere è e resta un simbolo del disorientamento, della solitudine, del disagio e dell'emarginazione. Un piccolo dettaglio storico: il protagonista fu interpretato da Lamberto Maggiorani, un vero disoccupato che Vittorio De Sica volle ed diresse in modo esemplare.

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