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The Equalizer (Il vendicatore)
Antoine Fuqua (Columbia Pictures)


C’è il cinema d’autore e il cinema d’attore. Un film con Denzel Washington, rientrando di diritto nella seconda categoria, ha sempre il suo fascino. E se il regista è quello che è riuscito a fargli avere l’oscar per l’interpretazione di “Training Day” (dove in effetti Washington è straordinario per la varietà di registri che riesce a dare al personaggio) le aspettative sono alte. Se però il film ripropone l’ennesima variazione sull’agente della Cia (o simile) ritiratosi a vita monacale di innocuo commesso nel super-store di ferramenta che, imbattendosi nella cattiveria del mondo, si riattiva per ridiventare la perfetta macchina di morte che era, allora le aspettative devono un po' abbassarsi.


E si abbassano anche di più nel dipanarsi della trama: questo guerriero a riposo (che passa dalla solitaria lettura dei suoi libri al contare i secondi necessari a compiere con efficienza le sue stragi), diventa un terribile angelo del bene che, per vendicare il tremendo pestaggio della giovanissima prostituta russa che con lui chiacchierava alla tavola calda (sembra proprio quella del quadro di Edward Hopper), annienta la famigerata mafia russa non solo nelle sue propaggini di Boston, ma prosegue inesorabile fino ad eliminare il suo oligarca-capo in Russia.

Un personaggio che è non solo un vendicatore, ma un più mistico “Equalizer” (termine che rende l’idea di qualcuno che risistema le cose, le riporta alla giusta frequenza con il mondo) che, tra virtuosismi cinematografici e meravigliosi paesaggi di una Boston notturna, semina la morte tra i malvagi con cavatappi e spara-chiodi, diventando via via sempre più fumettistico e trito.

Se volete un film che riempia gli occhi (le scene sono spesso fantastiche e la fotografia splendida) e le orecchie (la colonna sonora è di grande effetto), allora questo film è da vedere. Se però cercate qualcosa di più, allora è meglio ritornare a qualche vecchio film con Charles Bronson o Clint Eastwood che senza dubbio risulta più credibile e meno incline a varcare il confine del ridicolo o ad indugiare nei dettagli sanguinolenti.

Vale per il film una citazione del suo protagonista: "Quando preghi per la pioggia, il fango va messo in conto".