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Tutto scorre
Vasilij Grossman (Adelphi)


Vasilij Grossman, ebreo, bolscevico, scrittore e reporter di guerra (fu uno dei primi ad entrare a Treblinka e il suo reportage sul lager nazista verrà consegnato dal procuratore militare sovietico ai membri del collegio d'accusa del processo di Norimberga), inizia a scrivere (con chiari richiami a "Guerra e pace" di Tolstoj)) il suo grande romanzo epopea sulla battaglia di Stalingrado ("Stalingrado", appunto, non da molto uscito nella traduzione italiana sempre presso Adelphi) con grande successo presso il pubblico sovietico ma andando incontro alle prime grane politiche (la sua colpa è descrivere della Grande Guerra Patriottica le tragedie, le sofferenze, l'eroismo e la meschinità degli individui, più che di esaltare il ruolo del Partito e della sua strategia per la vittoria finale, oltre che,naturalmente, di essere ebreo nel periodo in cui inizia la campagna contro il "cosmopolitismo" che inizia la persecuzione anti ebraica del regime staliniano) e continua a scriverne una seconda parte ("Vita e destino") che verrà sequestrato dalla polizia politica e non sarà pubblicato in Unione Sovietica se non dopo la prestroika di Corbaciov (1988) . Viene sottoposto a rigido controllo poliziesco (anche se non sarà mandato al gulag come molti) e capisce vhr non riuscirà a pubblicare più nulla. "Tutto scorre",la sua opera-testamento è quindi scritta per rimanere nel cassetto o per essere fatta circolare in pochissime copia nel samizdat tramite i pochi amici. E' la storia dolente del ritorno a casa dal gulag di Ivan Grigor'evic, liberato alla morte di Stalin, del suo rimanere per sempre dentro alla sua condizione di prigioniero, della sua estraneità al mondo che è andato avanti senza di lui, della vergogna e diffidenza che traspare tra i membri della sua famiglia e i suoi conoscenti di un tempo, che preferirebbero lui non fosse tornato, mettendoli di fronte alle loro vergogne, alle paure e alle colpe. Chi si è salvato non vuole confrontarsi con la realtà di chi invece ha visto l'orrore e la disperezione. E a lui quindi non rimane che andarsene, viaggiare per trovare dappertutto le tracce tragiche della coercizione e del dispotismo che sono il tragico destino della Russia dai tempi dello zar, delle carestie ucraine del collettivismo forzato, di uno stato che nella sua natura autoritaria divora i suoi figli (la Anna di cui si innamora, moglie di un funzionario del Partito caduto in disgrazia che viene messa alla mercè dei capi del campo dove viene rinchiusa dopo essersi vista strappare la figlia). E' un racconto tragico e dolente che verso la fine (probabilmente Grossman sentiva la morte che si avvicinava) assume quasi i tratti di un saggio, di una riflessione impietosa sul comunismo sovietico che fin da Lenin non si preoccupa affatto, in nome del moloch statale e della ideologia, di fare strame della coscienza e della libertà individuale. Una lettura dura e difficile, che non lascia spazio all'ottimismo, ma che si eleva ad una preghiera disperata e straziante per la libertà e la dignità umana.

N.B. Per chi fosse interessato, c'è una bellissima biografia di Grossman scritta da John e Carol Garrard che si intiola "Le ossa di Berdicev. Vita e destino di Vasilij Grossman.
Se avete tempo recuperate anche questo libro straordinario sulla vita in Russia nel post-comunismo che avevamo recensito un pò di tempo fa: https://www.cultura-fasen.it/cultura/recensioni.nsf/0/39A2A1232A925D1EC1257F21002BA7C3?opendocument