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Benedizione
Kent Haruf (NN Editore)


“Voglio pensare di aver scritto quanto più vicino all’osso che potevo. Con questo intendo dire che ho cercato di scavare fino alla fondamentale, irriducibile struttura della vita, e delle nostre vite in relazione a quelle degli altri.”. Questo passaggio dell’ultima intervista rilasciata da Kent Haruf (morto l’anno scorso nel Colorado in cui è nato e ha sempre vissuto e che fa da sfondo a tutta la sua produzione letteraria) rende pienamente la grandezza del suo scrivere.


Benedizione è un libro che racconta storie minime, in cui tutti ci ritroviamo (anche se il vento, la polvere e la calura della pianura americana qui ne diventano lo sfondo necessario) e in cui i sentimenti, le gioie, le passioni,i dolori, i rimpianti, le miserie sono resi in uno stile scarno e puro che descrive le situazioni della vita per quello che sono, senza fronzoli e orpelli. Non ci sono parole superflue, aggettivi di troppo, metafore o virtusosismi, c’è solo il necessario per descrivere la vita. Ogni gesto, sensazione e situazione è restituita alla sua verità più essenziale, alla ricerca di una comprensione e di uno sguardo compassionevole che si faccia carico di ogni cosa, bella o brutta, luminosa o buia che sia.

Quanto Haruf fa in modo mirabile lo descrive uno dei personaggi del libro che, trovato a passeggiare per la cittadina nella notte e a guardare nelle case altrui, tenta di spiegare alla polizia che sta solo guardando alla gente nelle loro case, nelle loro vite ordinarie che passano senza che se ne rendano conto, cercando di catturare (di ritrovare) qualcosa: la “preziosa ordinarietà”.

Nelle note che il traduttore ha scritto sul sito della piccola casa editrice che ha pubblicato il libro viene colto il nocciolo di ciò che di illuminante rimane dopo la lettura: “Ci sono libri che fanno entrare nel nostro campo visivo cose che prima non c’erano e altri libri, più rari, meno appariscenti, che ci fanno vedere cose che avevamo già sotto gli occhi senza saperlo. Benedizione è uno di questi ultimi e lo è in tutto e per tutto, per le storie che racconta e per il modo in cui le racconta: Kent Haruf coniuga la sobrietà – una sobrietà consapevole, francescana – con un’esattezza implacabile. Il gioco di parole è forse un po' scontato, ma si può senza dubbio dire che questo libro è una piccola “Benedizione”.

traduzione Fabio Cremonesi
NN Editore
2015, pp. 280,