CULTURA E TEMPO LIBERO

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Se chiudo gli occhi non sono più qui
Vittorio Moroni (Maremosso)


Quello di crescere è un mestiere difficile, si sa. Il riconoscimento di un sé che diventa adulto, la comprensione di un mondo che generalmente non si perita di fornire codici interpretativi accessibili, la chimica dei sentimenti e delle emozioni, mai maneggevole, costituiscono il normale campo di battaglia di un adolescente di oggi e di sempre.

Talvolta, però, le condizioni esterne contribuiscono a trasformare quella che è una scalata in un incubo.

E' il caso di Kiko [Mark Manaloto], sedicenne di madre filippina orfano del padre Jacopo rimasto vittima di un incidente stradale due anni prima. Trasferitosi poco prima della morte del padre con tutta al famigila da Roma in friuli vive ora con la madre Marilou [Hazel Morillo] e il suo nuovo compagno Ennio [Beppe Fiorello], un capocantiere che tira avanti con la fatica delle sue braccia e di quelle di un manipolo di muratori stranieri, clandestini. Kiko va a scuola, però è come se non ci andasse perché il padre lo vuole in cantiere tutti i pomeriggi e il profitto del ragazzo ne risente enormemente. Perdipiù vive una scuola che non capisce nulla di lui e della sua vita e scambia il suo tormento con pigrizia o indolenza. Così, schiacciato tra un "ti devi impegnare di più" e un "se non ti va di studiare vieni a lavorare" Kiko ritrova se stesso chiudendosi in un pullman abbandonato e lì riesce a "non essere più qui" ricordando il padre, la sua passione per l'astronomia e studiando delle pratiche di sopravvivenza che vanno dall'autolesionismo all'introspezione, al sogno.

Il quadro, già di per sé precario, viene perturbato dall'apparizione di Ettore [Giorgio Colangeli] un "amico" del padre, ex professore tuttologo, paziente che cerca di accogliere le difficoltà del giovane per dargli una mano e, forse, lavarsi un po' la coscienza. In un momento d'impulso, una reazione azzardata, Kiko riesce a togliersi di mezzo, seppur temporaneamente, il patrigno ma con questo mette nei guai i ragazzi del cantiere, forse i suoi unici amici, e sua madre. Si troverebbe così nella totale solitudine se non fosse per Ettore, troppo estraneo per dare la certezza di non riservare sorprese.

Lasciamo alla pellicola il compito di narrare il prosieguo della vicenda sino al suo esito non banale, a noi una parola per dire che in questa tempesta, in cui si articolano belle metafore astronomiche, struggenti citazioni leopardiane, profonde domande sul senso della vita, piove come non mai e che, per quanto silenzioso e apparentemente in ascolto, il nostro ragazzo dimostra una maturità che farebbe invidia a molti degli adulti che lo circondano.

Il film ci pone di fronte ad un mondo duro e riesce a comunicare con efficacia la fatica di crescere attraverso un uso un po' iperbolico della disgrazia, novello Ulisse, riuscirà a toccare terra il nostro Kiko?

Bravi gli attori, attenta la regia di Vittorio Moroni. Un film senz'altro da vedere e da discutere.