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Sul conflitto israelo-palestinese: romanzi e testimonianze


Per chi volesse cercare di capire l'origine e il drammatico acuirsi del conflitto israelo-palestinese, segnaliamo tre libri di recente pubblicazione, tra letteratura e testimonianza, che aiutano a cogliere aspetti non sempre noti della contraddizione di fondo su cui è avvenuta la nascita dello Stato di Israele nel 1948. Il peccato originale, con cui non si smette di fare i conti, è che questa nascita, voluta dagli stati usciti vittoriosi dalla seconda guerra mondiale per sanare il senso di colpa per la tragedia ebraica della Shoa, si fonda sull'occupazione di un territorio abitato da duemila anni dagli arabi palestinesi. I libri che segnaliamo sono tre.

Il primo è 1948 di Yoram Kaniuk - Giuntina - 2012. Yoram Kaniuk è uno degli scrittori israeliani nati in Palestina prima della fondazione dello stato di Israele, figlio di ebrei sionisti che già dagli anni '20 abbandonavano l'Europa per dar vita a insediamenti ebraici su quella terra. Kaniuk nasce a Tel Aviv nel 1930 e, come lui, Amos Oz, di cui segnaliamo Giuda - Feltrinelli - 2014, che nasce a Gerusalemme nel 1939.

Kaniuk ha 17 anni al momento della fondazione dello stato di Israele e combatte come volontario contro gli arabi, che si oppongono all'occupazione del loro territorio. Lascerà passare 60 anni prima di scrivere quella sua lontana traumatica esperienza. Il libro è bellissimo, scritto con la freschezza e la libertà del ragazzo che lui è stato e che si era buttato nella guerra senza una chiara consapevolezza. Dice: "Dello Stato ebraico già si parlava. Il concetto di "stato" non suonava per nulla familiare, non veniva recepito come qualcosa di concreto: quando mai il nostro popolo ha avuto uno Stato, dopo duemila anni?" e più avanti "Siamo partiti con l'idea di andare a prendere gli ebrei in mare ( i profughi dai campi di sterminio ) e siamo finiti a fondare uno Stato fra le montagne di Gerusalemme. è un errore dire che stavamo combattendo per fondare questo Stato." C'era una sola cosa chiara: bisognava impadronirsi di un territorio, contro la legittima ostilità degli abitanti e degli stati arabi intorno. E Kaniuk rievoca la partecipazione a questo massacro come un'avventura e un disorientamento, come probabilmente è stato per i molti giovani che vi presero parte senza bene sapere perché. Chi invece quella guerra la voleva e l'attizzava era la classe dirigente israeliana che, spaventata dalla minaccia rappresentata dall'accerchiamento arabo, scelse di affrontarlo con la forza, con il braccio di ferro militare. Che vi fosse un'altra possibilità di porsi politicamente verso il conflitto lo racconta un altro libro, pubblicato nel 2014 dall'editore Zambon. Vivere con la spada, di Livia Rokach. L'autrice, giornalista nata in Palestina, lo pubblica nel 1980 in America ed in Germania - perché altrove viene preventivamente censurato - utilizzando i diari di Moshe Sharett, già primo ministro e ministro degli esteri israeliano. Gli stralci si riferiscono agli anni 1953 - 1955 e narrano di una aspra divergenza tra lo stesso Moshe Sharett e Ben Gurion sulla linea da seguire nei confronti dei paesi arabi, tutto sommato ormai disposti ad accettare la presenza israeliana. Mentre Sharett patrocinava una linea di pacificazione del conflitto, Ben Gurion, la cui linea risultò vincente, voleva esasperare le tensioni, sia attraverso provocazioni organizzate ad arte, sia attraverso la manipolazione dell'opinione pubblica, ai fini di consolidare il patriottismo ebraico e realizzare un allargamento del territorio di Israele, a danno, senza pietà né giustizia, dei palestinesi. Questa linea, che la destra israeliana ha portato avanti, non ha fatto che aumentare l'odio e rendere difficilissimo, se non impossibile, il processo di pace. Dalla realtà della storia alla rappresentazione letteraria ci porta il romanzo di Amos Oz, al cui interno il conflitto Sharett - Ben Gurion è ripercorso attraverso un personaggio immaginario, Shaltiel Abrabanel, che, come capo dell'Agenzia Ebraica, si oppose disperatamente a Ben Gurion, sostenendo per Israele una vocazione aperta e di integrazione con gli arabi. Rimane da chiedersi con rammarico come sarebbe oggi la situazione in Medio Oriente, se Moshe Sharett, alias Abrabanel, avesse avuto la meglio.